"Le nostre città invisibili. Incontri e narrazioni del mondo in città": selezionati due ospiti dello SPRAR di Francofonte. Presentato il progetto al Festival IT.A.C.A’. di Bologna.___
Francofonte. Al via "Le nostre città invisibili. Incontri e narrazioni del mondo in città", un progetto di educazione alla cittadinanza globale (con capofila la Fondazione ACRA) che ha come obiettivo il contrasto di rappresentazioni scorrette e discriminanti delle migrazioni e della diversità culturale, presentato in occasione del Festival IT.A.C.À. il 25 maggio u.s., al Dynamo di Bologna, e che si concluderà a settembre 2019.Già alla sua presentazione, nel capoluogo emiliano, hanno partecipato Luwan Feseha Habte e Fattu Ousman, due giovani ospiti del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (S.P.R.A.R.) di Francofonte.
L’iniziativa si pone in continuità con un’esperienza di turismo responsabile avviata da ACRA, Oxfam Italia e Viaggi solidali già dal 2010, centrata sulla realizzazione di passeggiate interculturali condotte da cittadini di origine straniera residenti a Torino e Milano. L’idea di proporre itinerari turistici a forte connotazione "multiculturale" a cittadini e turisti, accompagnati da "guide" di origine migrante che associassero la narrazione della storia e della cultura della città al proprio vissuto personale, si è poi consolidata, ed estesa ad altre città, in un intervento volto a promuovere l’integrazione dei cittadini stranieri grazie al progetto "Migrantour" (2014-15), finanziato dall’UE tramite l’European Integration Found.
Un progetto parallelo è proprio "Le nostre città invisibili" (2018-19), co-finanziato da Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo, che ha selezionato i due beneficiari, di cui sopra, i quali saranno tra i 20 "accompagnatori", vere e proprie guide turistiche, che verranno avviati a un percorso di formazione, in parte fuori sede, finalizzato alla realizzazione di 25 passeggiate nella città di Catania, da svolgersi nei prossimi diciotto mesi. Il bando era rivolto esclusivamente a maggiorenni regolarmente soggiornanti di origine straniera (non europea) o di seconda/terza generazione, con attitudine alle relazioni interpersonali e una buona conoscenza della lingua Italiana: i candidati selezionati su CV e lettera motivazionale hanno pure superato una sessione di colloqui. "Le nostre città invisibili" coinvolgerà dieci città italiane, tra cui appunto la città etnea, l’unica in Sicilia ad essere per il momento interessata dal Progetto, e sarà declinato in percorsi e attività volti a promuovere una nuova idea di turismo interculturale a Km zero, capace di svelare angoli metropolitani che neppure chi vi è nato conosce così bene.Saranno mobilitati, altresì, autorità locali, giornalisti, operatori sociali e insegnanti, ma anche le realtà associative dei quartieri cittadini nella costruzione di percorsi fisici (itinerari interculturali) e virtuali (campagna di comunicazione e public engagement), con l’obiettivo di garantire ai principali attori della narrazione pubblica l’accesso ad informazioni e a strumenti adeguati per una corretta comprensione e una maggiore consapevolezza della complessità del fenomeno migratorio. Il Progetto mira quindi a valorizzare lo strumento delle passeggiate interculturali per contribuire all’elaborazione di una nuova consapevolezza sulle migrazioni, basata sull’uguale dignità dell’"Altro" e sulla valorizzazione del contributo dei processi migratori, di ieri e di oggi, alla nostra società.
A fronte dell’impressionante divario tra percezione e realtà del fenomeno migratorio, spesso associato al concetto di invasione, sia per l’attenzione mediatica e sia per una distorta percezione dei numeri, risulta necessaria una narrazione che utilizzi dati corretti, valorizzi i contributi positivi e indichi soluzioni sostenibili per trasformare l’accoglienza dei migranti in un’opportunità per il futuro del Paese, anche al fine di disinnescare le occasioni di conflitto e di salvaguardare la coesione sociale. Il Progetto che esperiranno Luwan e Fattu rientra in questo contesto; anche a loro, il compito di non farci rassegnare all’idea che la città sia, come la definì Prochnow, "una grande comunità dove le persone si sentono sole tutte insieme", bensì un luogo dove esercitare cittadinanza attiva e promuovere reciproca conoscenza, integrazione.
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